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Confermata la cheratocongiuntivite nei camosci



Cheratocongiuntivite nei camosci: vigilare, evitando gli allarmismi

Recentemente la stampa ha riportato un paio di articoli relativi ad alcuni camosci ciechi, il cui contenuto ha destato preoccupazione negli ambienti venatori e proposte di intervento più o meno sensate. La Federazione Cacciatori Ticinesi allo scopo di fare chiarezza e di evitare inutili allarmismi, ha dapprima interpellato il Dr. Giorgio Leoni dell’UCP e quindi il Dr. Marco Giacometti, veterinario ed esperto della malattia che causa la cecità dei camosci.

Il Dr. Leoni è espresso nei seguenti termini: da fine luglio ad oggi sono stati segnalati 28 casi di cheratocongiuntivite principalmente nella zona del Lago Sambuco (Fusio) e alcuni in zone confinanti (Val di Peccia, Val Bavona, Garzonera/Quinto). Nel dettaglio sono stati segnalati 27 camosci, 12 dei quali sono stati uccisi principalmente in quanto erano feriti causa cadute. Inoltre in zona Robiei è stata uccisa una femmina di stambecco pure ferita e con segni di malattia agli occhi. In Ticino è la prima volta, almeno negli ultimi 15-20 anni, che si verifica una situazione del genere. La cheratocongiuntivite è normalmente presente e negli anni passati sono stati occasionalmente segnalati capi isolati affetti dalla malattia. Pure durante le caccia sono già stati abbattuti singoli esemplari con segni della malattia, tuttavia i casi sono sempre rimasti isolati e numericamente limitati. Contro la malattia non vi sono al momento rimedi efficaci da applicare e pertanto l’UCP si limita a monitorare la situazione e a raccogliere le informazioni, lasciando tranquille le popolazioni di camoscio. Di principio vengono abbattuti unicamente i capi che sono feriti (rotture degli arti a seguito di cadute), oppure capi completamente ciechi e irrecuperabili. Si sa infatti che buona parte dei capi che hanno contratto la malattia guarisce. Grazie agli abbattimenti durante il periodo venatorio si potranno avere maggiori indicazioni sulla diffusione e distribuzione della malattia.

Da noi interpellato, il PD Dr. Marco Giacometti osserva: la cheratocongiuntivite infettiva è la malattia degli occhi più frequente nelle capre e nelle pecore, come pure nei camosci e negli stambecchi. Questa malattia attira l’attenzione dei media proprio quando alcuni animali selvatici colpiti girovagano disorientati in montagna. Nelle capre e nelle pecore invece i sintomi sono generalmente lievi e la malattia si manifesta sovente negli animali più giovani; la malattia non è dunque spettacolare. L’agente patogeno della cheratocongiuntivite si chiama Mycoplasma conjunctivae; si tratta di piccolissimi microorganismi specifici per le varie specie di camoscio, di ovini e di caprini, sia domestici che selvatici. La trasmissione avviene molto facilmente e tramite minuscole particelle sospese nell’aria (aerosol) oppure indirettamente per mezzo di mosche. In casi relativamente rari, l’agente infettivo può essere trasmesso anche da una specie all’altra. Questo avviene talvolta sui pascoli alpini in estate quando dei greggi di pecore, spesso portatori dell’agente infettivo, hanno degli incontri ravvicinati con dei camosci o degli stambecchi. L’evento può così dare avvio ad una nuova epidemia di cheratocongiuntivite nella fauna selvatica. Di regola, la maggior parte degli animali colpiti, anche quelli temporaneamente ciechi, guarisce spontaneamente. È però importante lasciare tranquilli questi animali che, disturbati, potrebbero precipitare dalle rocce o essere spinti in zone poco favorevoli per la loro alimentazione. In alcune epidemie nei selvatici si possono avere delle mortalità che raggiungono il 30% degli effettivi. In questi casi dozzine di camosci e stambecchi possono venire a morte, sia cadendo da pareti rocciose che per debolezza generalizzata. Recenti ricerche di biologia molecolare hanno rilevato l’esistenza di differenti ceppi di diversa patogenicità, e questo spiega la differenza degli effetti osservati nelle singole epidemie.

Da parte nostra, aggiungiamo che la malattia è presente da alcuni anni anche in Grigioni, dove gli esperti ritengono che la stessa ha imperversato su larga scala e che le perdite per gli effettivi di camosci sono superiori rispetto per esempio ad una moria invernale. In vista dell’imminente stagione venatoria informiamo i cacciatori che la carne di camosci affetti da cheratocongiuntivite, se non ancora molto dimagriti o con fratture conseguenti a cadute, è commestibile. Fatte queste precisazioni, concludiamo la nostra informativa invitando i cacciatori ticinesi a non drammatizzare, a monitorare attentamente la situazione sul terreno, segnalare casi sospetti ai guardiacaccia e prelevare, durante la prossima caccia e nel limite del contingente, eventuali capi visibilmente malati.

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