Il presidente della Federazione cacciatori ticinese Fabio Regazzi si esprime sul tragico episodio di sabato a Pedrinate
L’incidente di caccia con esito fatale accaduto sabato a Pedrinate ha scosso la comunità dei cacciatori, e non solo. Abbiamo intervistato Fabio Regazzi, presidente della Federazione cacciatori ticinese.
Fabio Regazzi, quando una passione si trasforma in dramma, l’appassionato come reagisce? «La prima reazione, e qui parlo non solo da appassionato ma anche da presidente della FCTI, è quella di una grande tristezza e di un profondo cordoglio che voglio esprimere ai familiari e agli amici della vittima per una tragedia che ha ci ha molto colpito. Sono cose che tutti noi sappiamo possono succedere ma che quando accadono ci lasciano sgomenti e senza parole. Mi auguro unicamente che questi sentimenti siano condivisi da tutti e che non ci sia nessuno – come invece è purtroppo successo in passato – che abbia a gioire solo perché la vittima era un cacciatore. Sarebbe veramente triste, penoso e assolutamente irrispettoso nei confronti di chi è stato duramente toccato da questa tragedia».
L’uomo che c’è in lei non ha una crisi di rigetto alla luce della battuta fatale del week-end per il 50enne del Mendrisiotto? «Ognuno di noi è consapevole che la caccia, come altre attività umane, ha una componente di rischio legata ai territori dove viene praticata ma ovviamente anche per il fatto che utilizziamo delle armi. Io non credo che simili episodi provochino una crisi di rigetto, ma ci ricordano semmai che ci sono pericoli che non vanno sottovalutati e che ognuno di noi ha una grande responsabilità sia verso se stesso che verso gli altri».
Ogni attività umana non è scevra da rischi. Ma quando si usano delle armi occorre massimo rigore. Vede falle nella formazione? «È ovvio che il fatto di utilizzare delle armi richiede un rigore particolare ma questo vale anche per altri ambiti. Pensiamo a una vettura che ha un potenziale di pericolo sicuramente più elevato di un fucile: se usata in modo inadeguato può diventare una sorta di arma impropria che può provocare molti morti e feriti, come purtroppo ci capita spesso di leggere. Ciò detto, posso assicurare che la formazione richiesta per diventare cacciatori, compresa la parte nell’utilizzo e la manipolazione delle armi, è severa e richiede preparazione ed è ad esempio più lunga e impegnativa rispetto a quella per la licenza di guida anche se sono cosciente che si può senz’altro fare di più».
Come si può reagire per sensibilizzare i cacciatori? «Oltre all’aspetto formativo, noi insistiamo naturalmente anche sulla sensibilizzazione. A fronte di questi episodi dovremo comunque fare delle valutazioni per capire come possiamo ulteriormente migliorare la sicurezza: vedo da un lato delle misure concrete, ad esempio l’obbligo per la caccia in battuta di indossare degli indumenti riconoscibili, controlli più rigorosi sui gruppi che praticano questo tipo di caccia e dall’altro un rafforzamento della sensibilizzazione sui rischi e i potenziali pericoli di cui si deve tener conto».
Gli spari partiti accidentalmente sono episodi rari. Questo non rischia di banalizzare la questione? «Che fortunatamente siano episodi rari è un dato di fatto. Con questo, anche perché siamo di fronte a una tragedia, nessuno vuole banalizzare. Anzi. Quello che ho appena detto conferma semmai il contrario e cioè che come FCTI prendiamo molto sul serio la questione. Sarebbe irresponsabile da parte nostra considerare un simile episodio come fosse una semplice fatalità».
A chi, sgomento, dice «aboliamo la caccia», come risponde? «Sarebbe sbagliato e scorretto strumentalizzare questa tragedia per chiedere la chiusura della caccia. Seguendo lo stesso ragionamento una simile richiesta andrebbe fatta ogni volta che purtroppo accade una disgrazia nello svolgimento di una qualsiasi attività sportiva e non solo. In realtà chi lo fa è perché è fondamentalmente contrario alla caccia e quindi cerca di sfruttare ogni pretesto per perseguire il proprio obiettivo».
Ha un messaggio per i cacciatori? «Certo e lo avevo già formulato in un mio articolo prima dell’inizio della stagione venatoria. Lancio quindi un ulteriore accorato appello ad ogni cacciatore ricordandogli di agire in modo responsabile e osservando tutte le norme di sicurezza e etiche che reggono l’attività venatoria. La caccia è una grande passione ma nulla, e sottolineo nulla, può giustificare di mettere in pericolo la propria vita e quella altrui».
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